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L’inutilità del dibattito sul burkini

Burkini sì, burkini no?

L’evergreen “liberté, égalité, fraternité” è in blackout. Si spengono le luci e si accende un concatenarsi di “occhio per occhio, dente per dente”, che coinvolge anche i costumi da bagno.

La prima a premere l’interruttore contro la nuova tendenza del burkini è stata la Costa Azzurra, capitanata dal sindaco di Cannes David Lisnard, a fronte dell’emergenza causata dall’ondata dei recenti attentati sul suolo francese.

Il divieto di utilizzare il particolare costume da bagno è attualmente in vigore a Beaulieu-sur-Mer, Cap d’Ail, Eze, Mandelieu-La Napoule, Mentone, Saint-Jean-Cap-Ferrat, Villefranche-sur-Mer, Villeneuve-Loubet, Saint-Laurent-du-Vare e Nizza, e si è presto allargato a macchia d’olio anche il polverone mediatico sotto ogni bandiera.

Questo divieto non ha di certo aiutato ad alleviare la tensione tra la comunità musulmana e il resto della popolazione, così come la dichiarazione del primo ministro Manuel Valls secondo il quale il burkini sarebbe “fondamentalista”. Associazioni come quella contro l’islamofobia hanno già fatto ricorso per riappropriarsi della libertà di scelta.
La Francia potrebbe avere le sue buone ragioni, ma saranno altrettanto efficaci?

Forse bisognerebbe chiedersi come spingere le donne musulmane ad avvicinarsi ad una visione a 360° delle culture che le ospitano, senza però negare loro la libertà di scelta.

Quanto può incidere effettivamente il costume “scostumato” sulla sicurezza nazionale?

Quanto può prevalere il diritto a svestirsi su quello a coprirsi?

Quanto può il divieto prevenire dal fondamentalismo ai danni di un’integrazione fondata sul rispetto reciproco?

Burkini sì, burkini no?

Forse sì, forse no.

La risposta non l’abbiamo, forse perché non ci saremmo mai posti neppure la domanda.

La guerra è guerra e che la Francia ci sia dentro fino al collo è sotto gli occhi di tutti, ma un paese che si fa portabandiera di laicità come può mettere da parte i principi di libertà? Quella rappresentata proprio con il corpo di una donna a seno scoperto che alza al cielo la bandiera francese nel dipinto “La libertà che guida il popolo” di Eugène Delacroix del 1830, grazie all’allegoria della libertà che tutto può, persino svestire, sotto falso nome, la donna del lontano Ottocento.
Lo stesso principio di libertà potrebbe vestire oggi, nel 2016, le donne musulmane nelle spiagge francesi? Se il precetto religioso è per loro tollerabile, può una legge limitarne la libertà di espressione? Può quella portabandiera, l’indomabile libertà, essere “limitata” dal principio di laicità?

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