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Cosa sono i paradisi fiscali?

Oltre a decine di Paesi in tutto il mondo, sono considerati paradisi fiscali, seppure atipici, la Svizzera, il Lussemburgo e la Città del Vaticano. Le tracce delle operazioni finanziarie che avvengono nelle banche di alcuni di questi Paesi vengono cancellate nel giro di qualche ora. I cosiddetti paradisi fiscali sono microterritori o Stati le cui legislazioni fiscali sono volutamente permissive o addirittura inesistenti, e dove l’imposizione fiscale

è quasi ridotta a zero. Inoltre in questi Paesi (detti anche off-shore) sono in vigore barriere (a volte invalicabili) per le richieste di informazioni che giungono da amministrazioni straniere. L’embrione dei paradisi fiscali sono stati, nel XIX secolo, i porti e le isole caraibiche dove potevano trovare rifugio le navi dei grandi imperi europei. Gli ultimi 30 anni di liberalizzazione finanziaria, che ha incoraggiato l’assenza di controllo sui movimenti di capitale su scala internazionale, ha fatto crescere vertiginosamente il numero dei paradisi fiscali. Attualmente vengono considerati paradisi fiscali le seguenti località: Andorra, Anguilla, Antigua e Barbuda, Aruda, Bahamas Bahrein, Barbados, Belize, Isole Vergini britanniche, Guemesey, Isole Cook, Dominica, Gibilterra. Grenada, Isola di Man, Jersey, Liberia, Liechtenstein, Maldive, Isole Marshall, Monaco,

Traffici illeciti. Nei soli paradisi fiscali europei sono registrate quasi 700 mila imprese. Il giro di affari annuo è di oltre 1.800 miliardi di dollari, di cui almeno il 40% proveniente da traffici illeciti, come traffico d’armi e finanza occulta legata alla droga o al terrorismo; il 45% frutto di “pianificazione fiscale” o evasione fiscale, il 15% da finanza “politica” (i tesori e tesoretti dei vari dittatori del Terzo mondo, i fondi della cooperazione internazionale stornati da governi e o funzionari corrotti).

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