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Le mine antiuomo non fanno più paura grazie a una tanica

Bibak in persiano significa “senza paura” e mai nome fu più azzeccato per questo progetto ideato dalla ricercatrice italiana Selene Biffi. Fulcro del progetto una tanica multifunzione, chiamata Canny, che contiene al suo interno sofisticati sensori in grado di scovare mine antiuomo, che siano ordigni in metallo, plastica o legno.

Quello dei campi minati non è un problema per nulla superato, sebbene ai nostri occhi possa sembrare tale perché distante. In realtà sono all’incirca settanta i Paesi ancora interessati dal problema e oltre 100 milioni gli ordigni ancora inesplosi esistenti. Insomma, si tratta di un reale pericolo, che porta molti Paesi a restare immobili, senza avere la possibilità di ricostruirsi: ad un immobilismo fisico, dettato dal terrore di poter incappare in un ordigno, se ne affianca uno psicologico, che mette i bastoni tra le ruote a popolazioni che non riescono così ad investire su loro stesse per un rilancio alla fine di un conflitto. Cancellare questa paura, quindi, significa ridare una speranza e nuova vita ad interi Paesi, non solo preservarne fisicamente i cittadini.

Secondo l’Onu ogni anno le mine causano circa 20 mila tra morti e mutilati, cifra all’interno della quale una grande percentuale è costituita da bambini. Selene Biffi ha potuto vedere con i propri occhi la paura per questi ordigni e le ripercussioni che possono avere lavorando in Afghanistan e Kosovo.

Di qui la decisione di approfondire l’argomento e di cercare una soluzione. È così nata la startup Bibak, che si prefigge come maggior obiettivo quello di identificare le mine antiuomo, per dare un’alternativa valida e concreta a tutti i metodi di sminamento utilizzati finora, soprattutto in zone ritenute secondarie, a bassa priorità, e che quindi non sono inserite in alcun programma di sminamento. Grazie a questo Bibak contribuisce anche attivamente alla crescita e allo sviluppo di una comunità.

Il sensore, secondo quanto spiegato dalla stessa ideatrice, si presenta proprio come una tanica, all’interno della quale trovano posto un metal detector, un gpr, una cartuccia di vernice per identificare la mina, un kit di primo soccorso e dell’acqua. Si può montare su diversi supporti e la tecnologia utilizzata è composta da parti disponibili in commercio. Altra cosa importante è che, dopo lo sminamento, la tecnologia resta nel villaggio e può quindi essere riutilizzata, favorendo uno sviluppo economico e sociale.

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