Le persone molto sensibili hanno la capacità di essere particolarmente empatiche; questo fa sì che siano anche più vulnerabili ed incapaci di fingere di fronte a situazioni in cui si è irrimediabile coinvolti. Questo super potere, si manifesta in modo spontaneo e irrefrenabile, attraverso un sorriso o uno sguardo di disapprovazione, facendo comprendere in maniera silente ed esaustiva la nostra opinione a chiunque incroci il nostro sguardo.
Un team di ricercatori anglo-francesi coordinato da neuroscienziati dell’Università di Cambridge (Regno Unito) ha dimostrato che la capacità di saper decodificare le emozioni negli occhi di un’altra persona è un processo tipicamente legato all’empatia e può essere influenzato dai nostri geni. Il gruppo di studiosi, guidato dal dottor Varun Warrier, dottorando presso il prestigioso ateneo britannico, ha scoperto che le variazioni genetiche coinvolte in questa specifica ‘abilità’ coinvolgono in modo particolare le donne e sono assenti negli uomini.
Questa spiccata capacità di comprensione umana sarebbe localizzata nel cromosoma 3. Nel tratto del cromosoma individuato si trova il gene LRRN1 (Leucine Rich Neuronal 1), che studi passati avevano già ampiamente associato all’empatia cognitiva.

Gli studiosi hanno inoltre scoperto che le persone più abili nel determinare le emozioni altrui attraverso gli occhi hanno uno striato più grande, ovvero quella parte del cervello, nello specifico del telencefalo, che è coinvolta nei processi cognitivi, dove ad esempio si localizzano anche gli stimoli relativi alla ricompensa. È nello striato che risulta essere particolarmente attivo il gene LRR1.
L’intera ricerca è basata su un test messo a punto dall’Università di Cambridge circa venti anni fa e chiamato ‘Reading the Mind in the Eyes’, o ancor più semplicemente ‘Eyes Test’, sviluppato proprio per misurare la capacità nel saper interpretare le emozioni sperimentate dagli altri guardandoli negli occhi. Gli studiosi hanno analizzato i dati di circa 90 mila partecipanti (44.574 donne e 43.482 uomini), la maggior parte dei quali clienti della società 23andMe, che si occupa di genetica. Come gruppo di controllo sono invece stati sfruttati i dati di 1500 soggetti coinvolti in un’altra indagine, chiamata Brisbane Longitudinal Twin Study.
Come ha sottolineato l’autore principale della ricerca, questo è stato il più grande studio sull’empatia al mondo, poiché è il primo grazie al quale si è tentato di correlare i risultati ottenuti con il test e le variazioni nel genoma umano. Il test ha permesso di fare un importante passo avanti nel campo delle neuroscienze sociali ed aggiungere un altro anello mancante per comprendere ciò che può causare variazioni nell’empatia cognitiva. I ricercatori hanno scoperto che le varianti genetiche legate ai punteggi più elevati erano associate anche a un maggior rischio di anoressia. Questa condizione, assieme all’autismo, è nota invece per l’ottenimento dei punteggi più bassi nel test. Saranno dunque necessarie ulteriori indagini per valutare il significato dei risultati ottenuti e approfondire il ruolo delle variazioni genetiche nei processi empatici. I dettagli della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Molecular Psychiatry.
Nulla di male quindi per gli inguaribili sensibiloni: ciò vuol dire essere stati eletti dalla natura per comprendere e far comprendere le nostre emozioni. La nostra atavica capacità empatica, sarà la perfetta guida delle nostre confuse vite, scegliendo per noi le persone che più sapranno comprendere e animare questa altissima capacità custodita all’interno del nostro DNA.