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Nasce a Milano la Fondazione Empatia, per imparare a mettersi nei panni altrui

Nelle scuole danesi viene insegnata un’ora alla settimana (come vi abbiamo spiegato qui). Secondo uno studio risiede nel nostro Dna (ve lo abbiamo di recente raccontato qui). In ogni caso la capacità di mettersi nei panni degli altri è importante. L’empatia (letteralmente sentire-dentro) è una delle doti più importanti (e forse, purtroppo, sottovalutate) che l’essere umano dovrebbe coltivare.

In un’epoca nella quale sempre più le differenze dividono, invece di arricchire, riuscire a vestire i panni di una persona che ha una disabilità, di un rifugiato, di chi soffre di un disagio psichico o di chi si trova a dover subire atti di bullismo, potrebbe riuscire a farci vedere il mondo con occhi nuovi, diversi e migliori.

Proprio questa è la sfida a cui ha cercato, e cerca, di dare una risposta la nuova Fondazione Empatia Milano, iniziativa nata da Gianantonio Mezzetti con la partnership di Palazzo Marino.

La conferenza di presentazione a Palazzo Marino

Mezzetti aveva già portato a Milano il concept nato in Danimarca dei libri viventi, persone differenti che, raccontando la loro storia, facevano sì che la distanza tra loro e l’altro venisse colmata.

Fra i testimonial della pregevole iniziativa si annovera anche il grande disegnatore e padre della scuola di animazione italiana, Bruno Bozzetto, che con il suo studio realizzerà un film sull’idea dell’empatia e sulle iniziative milanesi per favorirne la diffusione.

Disegno di Bozzetto per il progetto

“Con questo progetto facciamo una grande scommessa – ha detto l’assessore Majorino -. Viviamo ogni giorno il corpo a corpo tra precarietà e risposte al bisogno e questo ci pone domande nuove. Questa Fondazione è un’opportunità per farcela. Dalle biografie di chi compone il comitato etico si comprende quale sia l’orientamento e quale la forza di questo progetto che unisce ciò che è già vicendevolmente partecipato, ovvero cultura e pratica sociale, arte e bellezza come cura e restituzione nel sociale. La fragilità non è da eliminare ma da includere e far propria“.
L’idea prevede la nascita al più presto di un’app e un kit per l’empatia. La sociologa Petra Mezzetti ha spiegato ancora che “in società plurali, dove l’alterità fa sempre più paura e molti si difendono alzando barriere o frequentando solo gruppi omogenei, sollecitare la capacità di creare empatia attraverso esperienze culturali innovative, e anche spiazzanti, può diventare un’occasione per forzare il blocco, incoraggiare l’incontro e il dialogo con nuove realtà, promuovere processi partecipativi, creare un circolo virtuoso di conoscenza, apertura, e quindi di inclusione”.